La pesca all’Asinara, l’eredità di Stintino di Salvatore Rubino ed Esmeralda Ughi “Centro Studi sulla Civiltà del Mare e per la Valorizzazione del Golfo e del parco dell’Asinara, Stintino”

La pesca all’Asinara, l’eredità di Stintino

di Salvatore Rubino ed Esmeralda Ughi

“Centro Studi sulla Civiltà del Mare e per la Valorizzazione del Golfo e del parco dell’Asinara, Stintino”

 

Un patrimonio genetico, storico e culturale comune lega saldamente il paese di Stintino, l’isola dell’Asinara, con il suo villaggio Cala d’Oliva, e Camogli in Liguria.

Eco di queste radici sono state rinvenute in alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Sassari, studiati dalla dott.ssa Anna Tilocca Segreti. Tali documenti, che coprono un arco cronologico che va dal 1700 a l 1800, dimostrano le origini liguri,

Cala Reale (Asinara). Ingresso alla stazione sanitaria marittima internazionale, in una cartolina degli anni ’60.

ed in particolare, camogline, del consistente nucleo di pescatori che si stanziò presso Cala d’Oliva alla fine del ‘700 e che poi fondò Stintino.

Questi uomini lasciarono la loro Camogli per trasferirsi in una piccola isola, allora lontana, straniera, spinti dalla necessità, dallo spirito d’avventura o dal desiderio di sfuggire all’invasione di soldati nemici, ma comunque per rifarsi una vita con il mestiere che conoscevano meglio, quello del pescatore. La loro vita era legata al mare ed al mare ritornavano portando in quell’isola i tesori della loro esperienza e facendo crescere una piccola comunità.

Molti pescatori lavoravano alla tonnara Le Saline, altri facevano i traghettatori. In un documento del 1768 si legge che i patrons Prospero Peragallo e Francesco Schiaffino, camolleses, traghettavano a Porto Torres i pastori dell’Asinara, in esecuzione di un ordine del Governatore. Con un atto del 1771 si imponeva ai proprietari delle felucas camulleses di trasportare i prodotti della pesca alle Saline.

Verso il 1784, come testimon

Cala d’Oliva (Asinara) in una cartolina degli anni ’60

iato da una petizione dei patroni Prospero Peragallo, Giovanni e Battista Schiaffino, Antonio della Cha, Andrea Senno e Giorgio Maiolo, tutti di Camugli, questo gruppo di pescatori venne fatto trasferito dal Duca dell’Asinara presso Cala d’Oliva, dove venne costituito il primo nucleo del futuro paese.

Testimonianza di arrivi e partenze dall’isola si ritrovano in due libri comunali (1780-84 e 1800-1805), che riportano alcune autorizzazioni rilasciate ad alcuni patrons camoglini: Andrea Senno, Giorgio Majolo (o Majuolo o Magiolo o infine Maggiolo); Francesco Schiaffino, Prospero Peragalli; Antonio Denegri e Gaetano De Negri, Giambattista Valle, Antonio Schiaffino, Francesco Della Ca (Cha); Giovanni Schiaffino; Pellegro Maggiolo; Carlo De Negri, con il figlio Giovanni.

Nel registro compilato venti anni dopo, il visto a partire viene concesso, spesso in coincidenza con la chiusura della tonnara ai primi di luglio, ai figli degli stessi, come si deduce dalla indicazione delle rispettive età (18-20 anni): Giuseppe Valle, Bartolomeo Peragallo, Giuseppe, Bartolomeo, Emanuele, Lorenzo, Rocco Schiaffino, Girolamo e Bartolomeo Maggiolo, Prospero Senno, Girolamo Peragallo, tutti ormai definiti sardi.

Due storici degli eventi della Sardegna, l’Angius e il Casalis, ci danno indicazioni sul numero degli abitanti di Cala d’Oliva che, nel 1833, aveva raggiunto le 125 unità, riunite in 25 famiglie tutte provenienti da Camogli.

Lo sviluppo della pesca all’Asinara ha naturalmente seguito le vicissitudini storiche dell’isola con l’alternanza di momenti di grande incremento e altri di totale abbandono. Anche le tipologie di pesca esercitate hanno subito l’influenza della provenienza geografica dei colonizzatori dell’isola, giunti soprattutto dalla Liguria per le pesche speciali stagionali, come il corallo (vista l’abbondanza di banchi coralliferi intorno alla parte esterna dell’isola), ma soprattutto per la cattura del tonno. La Tonnara del Trabuccato era certamente in attività già agli inizi del 1600. In seguito vennero introdotte le tecniche per la piccola pesca già utilizzate nei luoghi di origine.

La pesca è stata inoltre influenzata dall’apporto delle immigrazioni stabili dei pescatori napoletani-laziali, provenienti da Procida, Ponza e Resina, che già da tempo navigavano per quei mari, dediti soprattutto alla pesca del pesce azzurro e che avevano la loro base al Trabuccato. Essi sono ricordati nella toponomastica di alcune cale dell’isola: Cala dei Ponzesi, Cala dei corallari di Torre del Greco, il Porto delle barche Napolitane. Questi pescatori introdussero le reti da posta,  i palamiti e lo strascico.

I principali sistemi di pesca che  venivano utilizzati all’Asinara erano i seguenti:

Barche, nasse e depositi-vivaio utilizzati per la pesca dell’aragosta nel 1928.

La sciabica, rete che si distende da terra per una lunghezza di circa 100 braccia in mare, termina gradualmente con piccole maglie e si chiude a forma di sacco.

Il burigiu, rete simile alla sciabica ma di proporzioni più piccole, per cui si poteva utilizzare direttamente dal bordo delle barche.

Le reti di fondo, costituite da una rete a tre maglie, con da un lato dei sugheri e dall’altro dei piombi, in maniera che cada e rimanga verticale come se formasse una barriera che permette ai pesci di ammagliarsi.

Le schete, reti da posta molto usate, lunghe dalle 500 alle 2000 braccia; larghe 3 braccia e mezzo, con maglie di 5 cm; si distendono in acqua in linea retta e ricurva poi, per cui facendo più giri formano quasi una chiocciola o un grande serpentone.

La bogara, rete strutturata come la precedente, ma con maglie di una quadratura più piccola; serviva fondamentalmente per la pesca delle boghe durante la stagione.

I palamiti, lenze di diversa l

Barche di pescatori nel molo del porto vecchio di Stintino (cartoline degli anni ’60).

unghezza aventi a ogni metro di distanza degli ami.

La nassa, fabbricata con il giunco dagli stessi pescatori, forma una vera e propria cesta conica, usata soprattutto per la pesca delle aragoste.

Nei mari del golfo dell’Asinara il palamito è stato utilizzato principalmente dai pescatori provenienti da Alghero. A Stintino fino agli anni 60, specializzata in questa pesca, era la barca dei fratelli Maddau, che innescavano il palamito con oloturie.

A queste tipologie di pesca si è aggiunta intorno al 1838, la pesca con la lampara che utilizza una fonte luminosa (alimentata inizialmente a petrolio e sostituita poi con le lampade a gas) per illuminare i pesci che vengono catturati poi con una fiocina.

La pesca più importante è stata sicuramente quella del tonno, attivata presso la Tonnare del Trabuccato, che cessò definitivamente le attività intorno agli anni ‘30, e la Tonnara Saline che per anni fu una delle Tonnare più importanti del Mediterraneo.

La presenza di queste due tonnare nel Golfo dell’Asinara ha causato liti tra i diversi proprietari e gestori e conflitti tra i pescatori, soprattutto con i pescatori di sardelle di Porto Torres.

La storia di Stintino è figlia della storia dell’Asinara, come scriveva Vico Mossa sul quotidiano “L’isola”. Infatti in seguito alla note vicende legate alla demanializzazione dell’isola nel 1885, gli abitanti di Cala d’Oliva furono costretti a trovare nuovi luoghi dove vivere. La maggioranza degli abitanti dell’Asinara decise di non allontanarsi troppo dai luoghi natali: alcuni si spostarono a Porto Torres, altri si spersero nella Nurra.

Il nucleo dei pescatori di Cala d’Oliva scelse di costruire la nuova comunità in una lingua di terra caratterizzata da due insenature

Barche di pescatori nel molo del porto vecchio di Stintino (cartoline degli anni ’60).

, che ben si adattava all’ormeggio in sicurezza delle barche; inoltre la zona era vicina alla Tonnara Saline, che veniva allora raggiunta via mare o in bicicletta, al cosiddetto “mare di fuori” e all’Asinara, che ha sempre costituito una base per le attività di pesca. Da questo insediamento ebbe origine il paese di Isthintini, poi divenuto Stintino.

I profughi esercitavano la piccola pesca con equipaggi composti da 3-4 persone, appartenenti allo stesso nucleo familiare, con il padre capo-barca. Le tecniche erano quelle ereditate dai saperi dell’Asinara. Non esisteva una rigida organizzazione dei ruoli, ma il punto di riferimento era comunque il capobarca, che, a Stintino, era sempre il padrone dell’imbarcazione. Nel 1904 venne fondata la cooperativa dei pescatori, che aveva lo scopo di assicurare il lavoro ai pescatori e di curarne gli interessi.

Un testimone della storia di Stintino è il Direttore della Tonnara Saline, Antonio Penco che in un libello, “La borgata di Stintino, ricordi di mezzo secolo” del 1949, fa un’analisi socio-antropologica e culturale del paese di pescatori, in un tempo in cui la pesca era ancora la principale attività economica. Interessante la descrizione del borgo con considerazioni sul suo futuro economico: «Dal 1900 la borgata si è tanto sviluppata da assumere l’aspetto di un piccolo e lindo paese […] ora che il naviglio è aumentato in grazia all’intelligente iniziativa di costruttori del paese che fanno delle barche meravigliose e quanto mai eleganti, prova palese, di intraprendenza. […] Purtroppo a Stintino al momento non ci sono che le possibilità della pesca e per questo molti giovani si arruolano volentieri alle armi, […]. Purtroppo, per ragioni naturali, il luogo non può dirsi ameno, dato che ci è scarsa l’acqua e poca vegetazione […]. Non credo che dal lato turistico Stintino riesca interessante […]».

Penco aveva una visione un po’ pessimistica del futuro di Stintino e non riuscì a cogliere le potenzialità turistiche che fecero di Stintino, dagli anni ‘60 in poi, una delle mete più ambite da vacanzieri e viaggiatori.

 

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano sentitamente Giuseppe Denegri, Nico Schiaffino, Antonio Diana per il sostegno, l’incoraggiamento e le utili informazioni. Un particolare ringraziamento ad Agostino Diana, maestro della cultura del mare e alla dott.ssa Anna Tilocca Segreti per aver condiviso le informazioni riguardanti i documenti d’archivio e per la consueta e generosa collaborazione.

 

Bibliografia essenziale

Angotzi F., L’industria delle tonnare in Sardegna, Bologna 1901.

Cabella C., Ragionamento per il duca di Vallombrosa contro il duca di Pasqua sulla tonnara delle isole Asinara e Piana, Genova, 1856.

Canu F., Addis Saba M. (ed.), Stintino. Vele e mare nel Golfo dell’Asinara, Carlo Delfino editore, Sassari 1999.

Delitala E., Tecniche di pesca originali e apprese, in Sardegna l’uomo e le coste, Sassari 1983.

Delitala E., Un villaggio di pescatori in Sardegna -. Stintino, in “Lares” 3, 1980.

Diana A., Il tempo della memoria. Storie, leggende, documenti di Stintino, Edizioni La Grafica, Porto Torres 2008.

Diana A., Denegri G., Rubino S., Proposte sulla regolamentazione della pesca nell’isola dell’Asinara, in M. Gutierrez, A. Mattone, F. Valsecchi, L’Isola dell’Asinara. L’ambiente, la storia, il Parco, Nuoro 1998.

Doneddu G., Le tonnare in Sardegna, in “Società e storia” 21, 1983.

Forteleoni C., Gazale V. (a cura di), Asinara. Parco Nazionale – Area marina protetta, Sassari 2008.

Giglio N., L’Asinara, Sassari, 1970.

Giordo A.G., Asinara, Sassari 1970.

Giordo A.G., La vita di Stintino, la tonnara, in “Bollettino degli interessi sardi” 6, 1969.

Giordo A.G., Nascita e sviluppo di Stintino, Sassari 1969.

Mola P., Il golfo dell’Asinara, in “Bollettino di pesca e piscicoltura” 10, 1934.

Mondardini Morelli G., Il mare, le barche, i pescatori. Cultura e produzione alieutica in Sardegna, Sassari 1990.

Mori A., La pesca marittima in Sardegna e la sua influenza sul popolamento del litorale, Sassari 1950.

Mossa V., L’Istintino, in “L’Isola, 18/12/1942”.

Penco A., Stintino, Genova, s.e., 1950.

Putzu P., Serra A., Stintino, 20 anni di autonomia. Storia, cultura, tradizioni tra passato e presente, Edizioni La Grafica, Porto Torres 2007.

Rubino S., La tonnara Saline, La Celere Editrice, Alghero 1994.