Intervento Sindaco di Stintino Antonio Diana:
Stintino ieri e oggi
Sommario
- L’importanza dell’identità – La storia di Stintino tra passato e presente. 1
- Il legame tra Stintino e l’Isola dell’Asinara – La nascita del borgo dei pescatori. 1
- La nascita della nuova Chiesa Parrocchiale di Stintino. 2
- La Cooperativa dei pescatori e il valore della collaborazione e dell’aiuto reciproco. 3
- Stintino e l’attività economica. 3
- Stintino ottiene l’autonomia. 4
- La Confraternita della Madonna della Difesa e la costruzione, nel 2008, della casa che la ospita. 4
1. L’importanza dell’identità – La storia di Stintino tra passato e presente.
La storia del territorio e della comunità di Stintino affonda le sue radici in tempi remoti. La prima presenza dell’uomo e documentata nel neolitico con un monumento datato 3200 A.C., estremamente raro nel suo genere, una domus de janas e una tomba di giganti, denominato “Tana di Lu Mazzoni” (la tana della volpe) sita nei pressi della borgata di Pozzo san Nicola
L’attrattore principale del territorio Stintinese nei secoli è stato la sua posizione strategica, un lembo di terra incastonato nel Golfo dell’Asinara, profondi fiordi, insenature e cale che hanno dato riparo ad imbarcazioni di pescatori e bastimenti di disparate tipologie e di epoche diverse e favorito scambi commerciali di svariato tipo. Tutto questo è testimoniato dai rinvenimenti, lungo le nostre coste, di numerosi reperti archeologici sommersi. Tali testimonianze sono giunte a noi, quando, durante i lavori di scavo del porto di Stintino emersero numerosi reperti archeologici che hanno dato la possibilità di ricostruire la storia del paese.
La penisola Stintinese, al contrario della credenza comune secondo cui le popolazioni nuragiche avrebbero vissuto esclusivamente sulle montagne, fu sede di civiltà nuragiche.
Possiamo affermare con certezza che nel nostro territorio insistevano 5 villaggi nuragici: “Casteddu”, “Unia”, “Monte Atene”, “Ezzi Minori” e ”Erculi”. “Casteddu”, in località Pozzo San Nicola era un villaggio, definito da alcuni studiosi e archeologi “La piccola Barumini”che si estendeva per circa 40.000 mq, oggi ancora intatto, interamente sepolto, sul quale stratificati resti di un villaggio romano e di uno medioevale. Mentre in località Unia è ancora possibile osservare un nuraghe, anch’esso facente parte di un area archeologica molto vasta.
Oltre alle famosissime torri spagnole di Capo Falcone, de La Pelosa e de Le Saline, nel Comune di Stintino sono anche presenti testimonianze romane e medievali
Il nostro territorio comunale, con buone probabilità, venne ricompreso nella colonia Turris Libisonis (Porto Torres). Nella penisola di “Capo Falcone” (cosi viene indicata da molti studiosi negli anni passati la penisola del territorio Stintinese) sono stati rinvenuti due importanti insediamenti di epoca romana[2]. Gli insediamenti in questione, sono quelli di Ezi Minori e Cuili Ercoli. Tracce dell’età romana sono state recuperate, inoltre, nell’area delle Saline e presso Stintino. Qualcuno dei miei concittadini più anziani ricorderà che nei cortili della case in corrispondenza dell’attuale via Sassari erano presenti delle antiche mura e non è difficile ipotizzare che potessero essere risalenti a tale periodo storico.
La teoria che fosse presente un insediamento di età romana, probabilmente legato allo sfruttamento delle risorse del territorio, è stata avvalorata da Attilio Mastino, che collocherebbe proprio nella penisola di Capo Falcone, la stazione stradale dell’Itinerario Antoniano “Ad Herculem”. Che si trattasse o meno della stazione stradale romana è evidente che il nostro paese è sorto in una posizione centrale, un punto d’approdo che risultava strategicamente connesso alle vicine saline di Stintino. Probabilmente è qui che faceva capo un apparato organizzativo di interscambio delle merci legato allo sfruttamento del sale, materia prima essenziale nel mondo antico. In base a tale ipotesi, è ragionevole pensare che gli insediamento di Ezi Minori, già dall’epoca nurargica e poi in quella romana e medievale, furono fondati proprio in funzione dello sfruttamento delle saline e come punto di controllo di questo centro di approvvigionamento.
I ritrovamenti, di ancore romane, di reperti archeologici di vario tipo, nel porto e nelle rare dinanzi a Stintino, potrebbe anche far ipotizzare che l’area dove oggi sorge il paese di Stintino fu il primo approdo romano nella Nurra, ancor prima della fondazione di Turris Libisonis
Sempre grazie al suo posizionamento strategico del territorio in epoca più recente, abbiamo tracce dell’esistenza di un villaggio medievale chiamato “Fretu” in località San Lorenzo. Una prima testimonianza ufficiale, risalente all’alto medioevo, con un documento datato 1336, che ci da le prime tracce del toponimo Stintino: più precisamente: “Vistentinum Picchinum de Algas”. Il toponimo compare nella descrizione dei confini delle proprietà dell’Opera di Santa Maria di Pisa (il Saltu di Fretu)[3].
Item, habet dicta Opera quendam saltum vocatum de Freto, quem dicte Opere ipse iudex Gunnarius dedit, qui confinatur sic: de Bistentino Parvo[4] ad Algas; et ascendit continue serra ad ogliastrum de Via de Nurachetos; et acendit via ad fontem de Scolca; et descendit ad pedem Montis de Cotes; et clauditur ad mare; et volvitur continue ripa maris; et terminatur ad Vistentinum Picchinum de Algas.
Inoltre, possiede detta Opera un certo saltu chiamato di Freto, che donò alla detta opera lo stesso giudice Gonnario, che così confina: da Bistentino Parvo de Algas; e sale ininterrottamente la serra verso l’olivastro della strada di Nurachetos; e sale la strada alla fonte di Scolca; e scende alla base di Monte de Cotes; e chiude a mare; e torna ininterrottamente lungo la riva del mare; e termina a Vistentinum Picchinum de Algas.
Scrive Alessandro Soddu[5]: “la località Vistentinum Picchinum de Algas (Stintinu Pitzinum de Algas) costituiva il punto di partenza per delimitare una proprietà fondiaria, Fretu, al centro degli interessi dei monaci vallombrosani. L’aggettivo pitzinnu sottintende evidentemente l’esistenza di un Vistintinum Mannu, rinviando alle attuali località denominate Porto Stintino Minori e Porto Stintino Mannu, che a loro volta identificano le due insenature naturali presso l’attuale borgo, senza che tuttavia si possa stabilire se vi fosse allora una qualche forma di popolamento (forse il primitivo abitato era concentrato più a monte, nell’attuale località di San Lorenzo)”.
La presenza del villaggio medievale Fretu o Fredu, edificato nella zona di San Lorenzo, attorno al quale molto probabilmente gravitavano scambi commerciali[6] può portare a dedurre che le due insenature, gli attuali “Stintino Mannu” e “Stintino Minori”, fossero ben conosciute e, di conseguenza, si può trarre la conclusione che non fossero esclusivamente dei ripari naturali, bensì veri e propri porti commerciali, che dettavano condizioni di mercato sull’intero Golfo dell’Asinara.
All’interno del villaggio in questione sorgeva una chiesa e un cimitero. La sua Chiesa, che venne costruita dalla popolazione come voto per ringraziare le fine di una pestilenza, andò purtroppo distrutta, ma successivamente ricostruita nel 1950. La presenza di questo luogo di culto cristiano fa presupporre che alcuni conventi religiosi nutrissero dell’interesse nei confronti del territorio stintinese, probabilmente dovuto proprio dall’attività dell’estrazione del sale. Le ottime condizioni ambientali e la conformazione del litorale, saranno, infatti, la base dello sviluppo dell’industria del sale, che vide, nei secoli, un’intensa e fiorente attività.
Il legame tra Stintino e l’Isola dell’Asinara – La nascita del borgo dei pescatori.
Si può dire che il borgo dei pescatori affonda le sue radici nella notte dei tempi. Il significato che riveste l’attività della pesca per questo borgo costiero va ben oltre una semplice fonte di sostentamento, un’attività economica. La cultura della pesca è, bensì, intrinsecamente legata alla storia, alle tradizioni e alle origini di Stintino. Nasce e pianta le sue radici sull’isola dell’Asinara, la terra madre, con la quale gli stintinesi hanno un legame indissolubile. Legame che unisce il borgo di Stintino con il villaggio di Cala d’Oliva, nell’Isola dell’Asinara, e con il paese di Camogli in Liguria.
Il borgo inizia a prendere forma, in concomitanza con lo sviluppo delle Tonnare: il principale punto d’aggregazione per gli abitanti del nostro territorio. La prima Tonnara venne costruita in corrispondenza dell’attuale via Sassari, mentre la seconda era ubicata nella località de Le Saline. All’interno di questi edifici si riunivano circa 1500 persone tra gli abitanti del territorio di Stintino, gli abitanti della Nurra e, a partire dal XII secolo, gli abitanti dell’Asinara (quando sull’isola erano presenti anche i pescatori). In un documento datato 1768 si legge che i patrons Prospero Peragallo e Francesco Schiaffino, Camolleses, traghettavano a Porto Torres i pastori dell’Asinara, in esecuzione di un ordine del Governatore[7].
Dall’Asinara i pescatori si trasferivano alle Saline di Stintino per circa 3 mesi all’anno. È noto che, proprio come gli Indiani d’America, quest’ultimi per rimanere in contatto con le proprie famiglie comunicavano a distanza tramite l’antico metodo dei segnali di fumo. Ad esempio, quando nasceva un bambino utilizzavano dei segni convenzionali generati grazie a dei falò.
La tonnara era un vero e proprio villaggio, una comunità a tutti gli effetti, all’interno della quale venivano organizzate delle feste ed era presente una chiesa: il Corpus Domini. La prima testimonianza, a me nota, sull’esistenza della chiesa, risale al 1703, ed è relativa alla visita pastorale dell’Arcivescovo turritano Siccardo. Tuttavia, è probabile che esistesse anche in precedenza. La Chiesa fu poi ricostruita nel 1801, a comprova dell’importanza che il villaggio “le Tonnare” rivestiva per la sua funzione aggregante.
Questo territorio fu influenzato dalla comunità dell’Asinara, ancora prima del 1885. Nel 1767, ad esempio, quando l’Isola fu data in concessione ai Fratelli Velixandre che misero in atto un tentativo di colonizzazione. Con questa azione dei due fratelli francesi tutti i pastori e i pescatori (che per la verità erano stagionali), furono allontanati e trasferiti sulla terra ferma. Fallito l’esperimento, molti rientrarono sull’isola e molti rimasero qua a Stintino.
Fino ad arrivare alla data che tutti noi conosciamo, il 28 giugno 1885, giorno nel quale venne emanata la legge che autorizzò l’espropriazione dell’Asinara al fine di stabilirvi una colonia agricola ed un lazzaretto. Le famiglie provenienti dall’isola erano circa 67, di cui una parte importante della comunità, ovvero 45 di loro, (prima 37 poi si aggiunsero altre 8) si stanziarono a Stintino, mentre le altre trovarono un luogo adatto nella vicina Nurra. Le famiglie si trasferirono in piccole case e venne assegnato loro un nome. Alcuni vivevano in pochi metri quadrati, ma stanza per stanza, le abitazioni vennero ampliate.
Queste famiglie iniziarono a costruire il borgo gradualmente, sino a che quest’ultimo crebbe talmente tanto, che finì per rivestire un ruolo catalizzante per l’intero territorio circostante. Stintino, in quell’epoca, richiamava, infatti, maestranze forestiere, per la maggior parte pescatori, interessati a lavorare nella Tonnara Saline, e muratori interessati a lavorare nel centro abitato.
Questa comunità emergente, interessata a vivere in questo territorio, lavorava in concerto, e non in competizione, facendo di questo borgo un luogo di aggregazione così come lo era stato anni prima La Tonnara de Le Saline dove i pescatori si trasferivano per pescare per 3 mesi all’anno.
2. La nascita della Chiesa Parrocchiale di Stintino.
Per ben otto anni, dal primo insediamento del 1885, la Comunità rimase senza chiesa e per altrettanti anni senza parroco. Fu unicamente a seguito della costruzione della chiesa nel 1893, in Via Marco Polo (l’attuale Centro culturale), che il parroco dell’Isola dell’Asinara, Don Marginesu, si trasferì a Stintino. Di conseguenza, i pescatori che vivevano qua non poterono ricevere per diversi anni alcun tipo di assistenza spirituale, né in occasione delle festività pasquali né di quelle natalizie. Lo stesso valeva per le funzioni funebri. Ad accompagnare i defunti al cimitero erano, infatti, gli stessi pescatori che cantavano durante l’accompagnamento, come il noto Gaetano Caravagna, mentre le funzioni religiose venivano svolte dal Decano dei Pescatori.
La costruzione dell’attuale Chiesa, in via Sassari, che compie oggi ottant’anni, fu ulteriore occasione per i cittadini per dimostrare il loro forte impegno civico, come scrisse il Direttore Penco nel suo diario. Si pensi che, un contributo monetario importante fu donato dai pescatori che ogni mese mettevano a disposizione il ricavato di una settimana di pescato, mentre i muratori che lavoravano alla costruzione della chiesa, mettevano a disposizione, ogni mese, una settimana di stipendio per contribuire alla realizzazione.
I lavori di costruzione iniziarono nel 1934 e furono completati nel 1937. Per la verità, si può affermare che l’attività, grazie all’impegno del precedente parroco, iniziò ben prima. Don Dettori, aveva, infatti, avviato una raccolta fondi per poter dar vita alla costruzione della nuova chiesa. Risulta singolare una cartolina che girava all’epoca, con la quale si chiedeva un contributo alla popolazione sia stintinese che forestiera, che aveva lo scopo di racimolare risorse per mettere in piedi la nuova chiesa di Stintino. Dai racconti dello scrittore emerge quanto i metodi da lui adottati fossero “burberi”, in quanto mise in atto quasi una sorta di “estorsione”. Alle persone che portavano il materiale, ad esempio, gli chiedeva di effettuare due viaggi, pur pagandone, dietro ricatto, solo uno. Inoltre, ottenne un importante contributo monetario dal Comune di Sassari.
La Cooperativa dei pescatori e il valore della collaborazione e dell’aiuto reciproco.
Pian piano, con l’arrivo del parroco nel borgo, inizia a crescere anche lo spirito di comunità e di solidarietà sociale. Abbiamo due esempi, la Cooperativa pescatori Stintino, costituita nel 1904, la più antica d’Italia, e la Confraternita Madonna della Difesa, che con Don Marginesu riprende a operare come fece anni prima sull’Asinara.
Gli appartenenti alla Cooperativa dei pescatori erano le stesse famiglie che facevano parte della Confraternita. Lo spirito di solidarietà era preponderante. Tutti i cittadini appartenenti alla Confraternita si autotassavano e insieme, come una grande famiglia, organizzavano il funerale dei confratelli, il cui scopo era quello di garantire le onoranze funebri e i soccorsi alle famiglie dei defunti. Lo stesso spirito animava la Cooperativa dei pescatori. Se, ad esempio, un pescatore subiva un danno alla propria imbarcazione, tutti gli altri pescatori si autotassavano e contribuivano a riparare la barca di quel pescatore.
Sono emblematici due famosi episodi accaduti tra il 1910 e il 1915. Una volta, a causa di una tromba marina, tutte le case del lungomare vennero scoperchiate, fu allora che i cittadini si rimboccarono le maniche e ristrutturarono in pochi giorni le case degli altri paesani. Un’altra volta, il forte spirito di solidarietà che animava gli stintinesi fu dimostrato quando il vento di levante provocò la moria delle aragoste dei vivai. Alcuni pescatori rimasero fortemente danneggiati, e, prontamente, tutti gli altri si quotarono rinunciando a parte del loro pescato per metterlo a disposizione dei loro colleghi.
In queste azioni collettive, regolate dal principio dell’aiuto scambievole e delle prestazioni reciproche, si può leggere una sorta di “assistenza mutualistica”. Tale finalità assunse con il tempo maggiore importanza, delineando quello che divenne il carattere distintivo fondamentale della comunità stintinese: la solidarietà.
Sulla Comunità stintinese scrisse nel suo diario, una volta andato in pensione, Antonio Penco, Direttore della Tonnara Saline dal 1900 al 1949. Lo scrittore nel suo libro: “Mezzo secolo di vita a Stintino” riporta questa frase:
“Nella loro semplicità gli abitanti di Stintino hanno la loro sensibilità, e giova ricordare che, nel momento in cui la gloriosa Università di Sassari corse pericolo, non esitarono a sottoscrivere la loro quota per la sua conservazione, sapendo che da quella istituzione uscivano e usciranno uomini di valore che onoreranno e onorano la Sardegna”.
Come dimostrano questi versi, fu emblematico il gesto della nostra piccola borgata, che se pur, a quei tempi, riversasse in una situazione di povertà, si quotò per contribuire a mantenere in piedi l’Università di Sassari. Ciò dimostra la visione lungimirante e coraggiosa che ebbero gli abitanti di Stintino, i quali intuirono che l’Università era una risorsa preziosa, un valore aggiunto che avrebbe giovato anche al loro territorio.
3. Stintino e l’attività economica
Durante il periodo bellico, Stintino era un paese povero privo dell’energia elettrica e del servizio idrico. L’elettricità arrivò solamente nel 1955, mentre l’acqua, nonostante ci fossero degli alberghi, arrivò addirittura dopo il 1964. L’approvvigionamento delle cisterne era possibile grazie alle navi della marina militare che trasportavano le risorse idriche. Da questo punto di vista, Stintino, rispetto ad altri territori più centrali, risultò sicuramente penalizzato.
Tuttavia, a partire dal 1945, nel quadro regionale di riferimento, questo borgo marinaro è uno dei paesi più ricchi per le sue attività economiche. Era presente l’industria delle Tonnare, che dava lavoro, anche se per tre mesi all’anno, ad una ottantina di uomini ed altrettante donne. A tal riguardo, possiamo affermare quindi che Stintino si rivelò da sempre all’avanguardia anche dal punto di vista della parità di genere.
Oltre l’industria delle Tonnare, era presente anche quella delle sardine. Nello stabile dove, oggi, sorge il MuT, le sardine venivano pescate, inscatolate e confezionate. La fabbrica rimase operativa per una quindicina di anni e vedeva impiegate 15 donne e 5 uomini, un notevole apporto economico per il paese e per il territorio.
Intorno al 1920, nell’intero territorio del Comune di Stintino il 60 % degli abitanti vivevano di pastorizia e di agricoltura, il 35 % dalla pesca e il 5 % dal terziario. Mentre nel borgo circa l’80 % dell’attività economica era data dalla pesca, il 15 % dall’agricoltura e il restante 5 % dal terziario.
Nel 1960 iniziano gli investimenti regionali sul territorio, ricadente a quei tempi nel Comune di Sassari, quali la bonifica della Nurra e la nascita del borgo di Pozzo San Nicola, con la costruzione della sua Chiesa e delle abitazioni. I minatori che, a quei tempi, lavoravano nelle miniere dell’Argentiera, vennero ad abitare in questa frazione. Una nuova comunità inizia a prendere corpo, quella di Pozzo San Nicola, allora sconosciuta, anche per via della mancanza di collegamenti, ma oggi coesa e solidale.
Nel 1970 nascono i primi alberghi, tra cui quello di Rocca Ruja che, di riflesso, contribuisce alla crescita indotta dal sistema turistico. Gradualmente l’attività turistica diventa prevalente nell’economia del piccolo borgo, sostituendosi alla pesca e all’agricoltura.
4. Stintino ottiene l’autonomia.
Alla fine degli anni ottanta, precisamente il giorno 8 agosto 1988, Stintino riesce ad ottenere ufficialmente l’autonomia amministrativa dal Comune di Sassari. Fu un lungo processo che ancora una volta, come in passato, vide il pieno coinvolgimento e impegno da parte di tutti gli stintinesi, e, in prima linea, il Comitato dell’Autonomia.
Il Comitato, si era costituito circa venti anni prima, erano circa una ventina le persone che portarono avanti una vera e propria battaglia, a tutti i livelli, regionali, parlamentari, ecc. tutto questo affinché Stintino potesse ottenere la propria autonomia.
Fortunatamente, nel momento in cui Stintino si separò dalla giurisdizione di Sassari, si ottenne il più importante risultato: una forte motivazione di tutti gli abitanti data dalla acquisita consapevolezza di essere una popolazione coesa che poteva raggiungere importanti e ambiziosi obiettivi. Una nuova forza dirompente e propulsiva per lo sviluppo del paese.
Ritengo che in questi trent’anni di autonomia molto sia stato fatto. Si è lavorato molto. Tutte le Amministrazioni che, dal 1989 sino ad oggi, si sono susseguite si sono operate per dare un forte contributo all’infrastrutturazione di tutto il paese. Allora si partiva da zero, non erano presenti né servizi nei litorali, né una scuola, né una palestra, né un campo sportivo, né tantomeno una biblioteca. Oggi, fortunatamente, passo per passo, ci stiamo adoperando per far fronte a quelle carenze che si sono sommate negli anni.
5. La Confraternita della Madonna della Difesa e la costruzione, nel 2008, della casa che la ospita
L’Amministrazione comunale, penso di poterlo affermare con orgoglio, ha fatto tanto in questi anni. Sono state costruite numerose infrastrutture, una delle ultime, inaugurata nel 2008, è la casa della Confraternita Madonna della Difesa.
Oggi la Confraternita ha a disposizione i suoi locali: la sala dove riceve la popolazione di Stintino, la sala dove si svolgono le riunioni e dove si vestono i confratelli. L’Amministrazione investì 307.000,00 € consapevole che si tratta di una preziosa risorsa per territorio. Siamo ancora convinti che questo notevole investimento fosse necessario perché importate è l’impegno che, sin dai tempi più remoti, come ci insegna la storia, la Confraternita continua a portare avanti con grande passione.
[1] (Minuto 20:10)
[2] ROVINA 1986, p. 45; MELONI 1990, p. 257; MASTINO 2005, P. 375.
[3] ASPi, Primaziale, Diplomatico, 1337, aprile 22: l’Operaio maggiore di S. Maria di Pisa concede in locazione quinquennale a Martino del fu Boninsegna di Sassari (procuratore di Elia del fu Pietro Varigii di Sassari) i beni dell’Opera situati in Sardegna in Logudoro e Gallura; FADDA 2001, doc LIX (1336, aprile 22, Pisa), p. 229 (con diversi errori di trascrizione). Una conferma si ha in un successivo documento del 1339: ASPi, Opera del Duomo, Reg. 16, c. 66 (con alcune varianti grafiche, tra cui “Ystantinum Pithinnum de Algas”); ARTIZZU 1961, p. 72 (con diversi errori di trascrizione).
[4] Nel testo “Parmo”.
[5] RUBINO S. e UGHI S. 2010, Quaderni Stintinesi. Stintino Tra Terra e Mare. SODDU A., La Nurra nel basso Medioevo, Stintino.
[6] Attilio Mastino
[7] CAU, 1998, p. 78.